Il poker texas Hold’em è un gico di abilità e non di azzardo: per questo motivo organizzare tornei live non è un reato quando i soldi in palio sono pochi.
La Corte di cassazione, con la sentenza 32835 appoggia il parere espresso dal Consiglio di Stato (parere 3237 del 22 ottobre 2008), cioè di schierarsi in difesa del “Poker Texas Hold’em”, variante del poker tradizionale.
La Corte tende però a chiarire determinate condizioni che vanno rispettate per far sì che l’organizzazione della competizione non sia un reato ma diventi «un’occasione di svago per un’utilità sociale», come affermato dal Consiglio di Stato.
Per estendere al gioco faccia a faccia lo stesso trattamento previsto per i giochi a distanza è necessario:
– un’esigua quota di iscrizione;
– una posta in gioco che non può lievitare;
– un valore nominale delle fiche;
– l’impossibilità di rientro in corsa una volta eliminati;
– la non possibilità di svolgere più tornei o partite nello stesso tempo.
Regole che fanno la differenza con il tradizionale gioco del poker.
Quando queste caratteristiche contraddistinguono il torneo perchè secondo la Cassazione le finalità del gioco si rivelano diverse dal mero lucro, perdendo rilievo il valore della posta rispetto all’impegno richiesto così come assume maggiore importanza l’aspetto prettamente ludico del gioco.
La Cassazione specifica che non c’è ragione di ritenere che ciò che è stabilito per i giochi a distanza non possa valere per quelli tra giocatori presenti.
A rinforzare la decisione raggiunta, i giudici della terza sezione, ricordano che la stessa agenzia delle Dogane e dei Monopoli (comunicato stampa del 19 dicembre 2012) non sembra individuare differenze tra gioco online e dal vivo, limitandosi a manifestare preoccupazione per le conseguenze delle sfide faccia a faccia connesse al riciclaggio.